Episode Transcript
[00:00:00] Speaker A: Ciao Stefania, benvenuta.
[00:00:01] Speaker B: Ciao, ciao a tutti. Ciao Dalia.
[00:00:03] Speaker A: Partiamo con la prima domanda.
Se la tua storia di ricercatore fosse un capitolo di libro, quale sarebbe il suo titolo?
[00:00:10] Speaker B: Domande implicite e lavori edili. Edili, non lo so come si pronuncia.
[00:00:15] Speaker A: Raccontami come è iniziato questo capitolo.
Quale futuro vorresti iscriverci dentro e qual è il tema principale delle tue ricerche?
[00:00:23] Speaker B: Devo necessariamente iniziare dalla prefazione del libro, perché sapete noi psicologi abbiamo questo brutto difetto e propensione a tenere insieme, a connettere, a fare ponte tra le generazioni, le storie, i ricordi, le idee e le influenze un po' delle genetiche di esperienza vissuta. Quindi parto un po' dalla prefazione e premetto che mia mamma è una ricercatrice, mia madre è una ricercatrice.
È una ricercatrice delle scienze dure in realtà, ormai in pensione lavorava al CNR, ma parlo al presente perché tuttora è ricercatrice nel senso che mi ha trasmesso questo impianto di curiosità insassiabile della vita, cioè si chiede domande su tutto. In casa mia proprio si respirava quest'aria che tutto era sorgente di curiosità, domande, e se non erano fatte apertamente si cercava la domanda dentro il fatto. e quindi come ricercatrice è una figura che tuttora un po' mi guida, poi mi ha ispirato anche come genitrice, tra poco vi spiego meglio perché è collegato al capitolo, però diciamo che la prefazione è che c'è l'aria di domanda implicita già in casa. Dato questa prefazione, in realtà il mio capitolo con la ricerca inizia come tesista magistrale, in cui partecipavo a un progetto di ricerca che indagava un po' il benessere dei genitori di gemelli. Era finalizzato proprio a supporto genitoriale dei genitori in attesa di parti gemellari. quindi in quell'esperienza mi sono appassionata al tema della ricerca sul sostegno alla genitorialità, in particolare il sostegno alla genitorialità guidato dalla teoria dell'attaccamento. Questo tema di sostegno alla genitorialità guidato dalla teoria dell'attaccamento è stato poi l'impianto che ha guidato tutta la mia ricerca successiva, quindi è un po' il fil rouge di tutto il capitolo. Nel senso che poi col dottorato ho incontrato Cecilia Serena Pace, la professoressa del Dipartimento di Scienza della Formazione che è a capo del Laboratorio di Psicologia Clinica con cui lavoro e in cui lavoro e lei storicamente si occupava di sostegno ai genitori adottivi tramite la ricerca che usasse questa teoria ed era esattamente quello che avrei voluto fare io, solo che io ero in curiosità di tutti i genitori e non solo di genitori adottivi. E quindi, come raccontavo al Festival della Comunicazione, nel 2017 ero un po' incuriosita sui fatti di cronaca che ci raccontavano questi adulti che si occupavano di adolescenti, sia fatti in casa, sia in situazioni che avevano vissuto esperienze traumatiche, che provavano un po' fatica un po' da tutte le parti. E lì il pensiero è un po' tornato alla mia storia, nel senso che questa fatica rilevata dai fatti di cronaca. Mi ha fatto proprio tornare in mente di nuovo mia madre invece come genitrice, che veniva da una storia molto faticosa, a tratti anche traumatica, ma manteneva sempre la curiosità e il desiderio di imparare a essere una madre migliore e non di ricevere la ricetta magica, ma di capire come esserlo proprio per noi nella nostra specificità. Solo che è Era una buona domanda, solo che lei era una domanda implicita, nel senso che lei non sapeva chi chiederlo e come chiederlo, e da quello allora mi sono chiesta se questi fatti di cronaca non raccontassero delle buone domande implicite, che andavano trasformate in domande esplicite. Non so se fino a qua è più o meno chiaro, posso andare avanti, perché poi c'è appunto la ricerca attuale per legarmi alla tua domanda. partendo dal cercare di trasformare queste domande implicite in domande esplicite di ricerca sono iniziati i lavori edili nel senso il lavoro di ricerca nel trasformare questi bisogni, queste domande di ricerca che fossero radicate su un terreno, su un impianto metodologico scientifico solido. Quindi il terreno era un po' il territorio e i bisogni impliciti del territorio. I mattoni erano i dati di ricerca, ma dovevamo costruire le fondamenta che è proprio il progetto di ricerca. Poi gli operai che ci hanno lavorato dentro erano i partecipanti, i ricercatori scientifici, e poi sui risultati di ricerca di ogni fase, che costituivano un piano, si impiantavano i piani sopra. Quindi per il futuro, in realtà, spero di arrivare a un grattacielo. Adesso stiamo a connettare in gruppo, ecco.
[00:04:45] Speaker A: Quindi siamo al piano, al primo?
[00:04:47] Speaker B: Al due, in realtà, perché all'ammezzato sono ancora al due, nel senso che Abbiamo fatto con la ricerca di base, che era la ricerca dottorale, in primo piano, le fondamenta in primo piano, quindi abbiamo capito, basandoci su dati di ricerca, di che tipo di sostegno guidato dall'attaccamento dove avevano bisogno i genitori e gli adulti nelle diverse condizioni, in affido, in adozione, in comunità e cresciuti coi genitori biologici. Dopodiché con la ricerca intermedia finanziata dalle borse di ricerca, gli assegni del Dipartimento di Scienza e Formazione, dalla borsa di ricerca del CISMAE, abbiamo fatto ricerca su se ci fosse qualcosa di già esistente, consolidato scientificamente, che potesse essere adattato. Adesso siamo all'ammezzato Piano 3, cioè abbiamo effettivamente trovato che in letteratura esisteva il Connect Quarant Group elaborato in Canada da Marlino Moretti e portato in Italia dalla Vigna Barone a Pavia. Abbiamo fatto ricerca sostenuta dal Fondo di Beneficenza di San Paolo per adattarlo a diversi contesti, lavori di l'incorso.
[00:05:54] Speaker A: E se arrivassimo all'ultimo piano, al Lattico del Grattacielo, qual è la speranza? Cioè, cosa cerchiamo di trovare nel Lattico? anche utopicamente.
[00:06:05] Speaker B: Che non ci sia più bisogno di far ricerca.
[00:06:08] Speaker A: Quello mi sembra ottimo come utopia.
[00:06:13] Speaker B: Nel senso, l'utopia è che il grattacielo rimanga aperto, quindi non ci sia più bisogno di far ricerca su questo. Nella migliore delle ipotesi probabile che si arrivi a la sostenibilità, cioè che ci sia anche un impianto istituzionale e in qualche modo si faccia quel passaggio che è sempre un po' critico nella ricerca-intervento di trasformarla in una pratica rodata che viene sostenuta dalle istituzioni. e che diventa far pentrafarfante quotidiano, che non è impossibile perché in Canada il governo canadese ha sostenuto l'implementazione di connector scopi preventivi nelle scuole e adesso è stato vinto un PRIN che ha proprio questo scopo anche in Italia.
Speriamo che anche questi adattamenti e questo tipo di ricerca diventi una pratica preventiva.
[00:07:05] Speaker A: Ok, e invece hai tirato all'inizio, parlavi della curiosità, delle domande, che è una cosa che è venuta fuori anche con gli altri tuoi colleghi che hanno partecipato al festival della comunicazione, cosa alla quale io sono estremamente d'accordo perché la ricerca è proprio curiosità, cioè essere curiosi e cercare di rispondersi a delle domande. C'è stata qualche volta in cui questa curiosità è stata difficile, cioè alla quale hai avuto problemi a darti delle risposte?
[00:07:36] Speaker B: Mi verrebbe da spezzare la tua domanda, nel senso che, se ho capito bene, la richiesta è se è vacillata la curiosità oppure se ho avuto fatica a darvi le risposte, nel senso se gli esiti di questa curiosità sono stati difficili. Più l'una o più l'altra. Tutto e tutto. Allora, la curiosità è una mia bruttissima bestia.
No, non mi abbandona mai.
Nel senso che quando mi chiedevano, anche i colleghi che si erano subito buttati sulla psicologia clinica perché fossi così matta da voler fare la ricerca, Io rispondevo che in realtà, io sono sempre stata un po' curiosa delle relazioni, questo ben si interseca in realtà con lo stessa idea di essere uno psicologo clinico anche nella pratica privata, cioè tu devi avere una curiosità insaziabile e l'umiltà di chiedere, ok? Sia facendo la psicologa sia facendo la ricercatrice, ok? Quindi questa curiosità non vacilla mai. La fatica degli esiti della curiosità questa c'è, c'è stato in diversi momenti. Tipicamente, penso come tutti i colleghi, al secondo anno di dottorato c'è un crollo del ma chi me lo fa fare? Ma chi me l'ho fatto fare? Ci sono stati dei momenti in cui c'è stato un periodo di passaggio tra la fine del dottorato, tra l'altro coinciso col covid nel mio caso, tra la fine del dottorato e l'inizio del progetto successivo in cui, come in molti lavori, si chiedi se, a vedere il valore sociale, le potenziali implicazioni di quello che fai, sei solo tu e quindi sei stato troppo arrogante nel pensare che la tua fosse una buona domanda di ricerca e sei troppo autoreferenziale, o se hai davvero qualcosa in cui credere. Per fortuna, come ho raccontato anche al festival lì, a me ha foraggiato tanto il fatto che la ricerca è un lavoro di squadra, cioè il fatto che il coordinamento italiano contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia, il cisma e che è composto da professionisti di varia natura che lavorano sul campo, quindi servizi sociali, non accademici, come dire, erano psicologi, pediatri, servizi sociali, associazioni, famiglie, premiasse la tesi di dottorato dicendo continua la tua ricerca perché ha delle implicazioni, a noi servono gli esiti. Il fatto che le famiglie, le associazioni per genitori adottivi affidatari, le famiglie, le ASLE, i ragazzi, gli adolescenti dicevano continua è importante. se te lo dicono loro, che sono i beneficiari, non puoi mollare. In quel senso che non sono solo io. Cioè, a volte si dice devi essere concentrata su di te nel raccontare queste cose, ma io non posso. È stato lavoro di squadra dall'inizio, cioè se io sono ancora qua è perché, come anche gli atleti che continuano a correre, a volte hanno fatica, no? Ma hanno l'incoraggiamento dietro. Quindi sì, è faticoso, ma poi Trovi la squadra e la squadra ti aiuta.
[00:10:33] Speaker A: Il lavoro di squadra fa andare sempre tutto meglio.
C'è qualche consiglio che vorresti dare da giovane ricercatrice agli studenti che pensano stolti? di iniziare questo percorso.
[00:10:51] Speaker B: Allora, diversi. Innanzitutto cercate un tema che sareste, che vi appassioni tanto, ma che sia un po' distante, non troppo vicino alla vostra vita quotidiana per non commissionare lavoro e piacere, diciamo. Scegliete un tema che vendereste anche a vostra nonna o al tuo ci vendono sotto casa, nel senso che il prodotto in cui credete e cercatevi buoni mentori, perché a me comunque il fatto di aver avuto la squadra anzitutto con la mia ex tutor, adesso collega, che presiede il laboratorio di psicologia clinica Cecilia Pace, cioè è una partnership che mi ha aiutato tanto, ma comunque aver trovato buoni mentori, non fatelo da soli e prendetevi il vostro tempo di riflessione, solo questo. Cioè curate anche la vostra salute, ma questo lo direi a qualunque lavoratore. Non esauritevi subito perché non finisce nei tre anni di dottorato.
[00:11:47] Speaker A: Grazie mille Stefania, sei stata molto simpatica e molto interessante.
[00:11:52] Speaker B: Grazie a te Nadia, a presto, ciao a tutti.