Curiosità, interdisciplinarietà, innovazione: tre parole per il futuro

November 05, 2025 00:07:54
Curiosità, interdisciplinarietà, innovazione: tre parole per il futuro
UniGE al Festival della Comunicazione 2025
Curiosità, interdisciplinarietà, innovazione: tre parole per il futuro

Nov 05 2025 | 00:07:54

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Show Notes

Dottorando industriale in Ingegneria Elettronica all’Università di Genova, Riccardo Testa lavora tra università e impresa su Automotive Ethernet e reti neurali embedded.
In questa intervista, racconta un percorso fatto di curiosità, interdisciplinarietà e innovazione, tra laboratori, razzi, startup e ricerca applicata.
Dal lavoro sugli standard internazionali per le auto del futuro alle protesi con pelle artificiale, Riccardo ci mostra come la tecnologia possa diventare un linguaggio comune tra ricerca, industria e persone.
Registrato dopo la sua partecipazione al Festival della Comunicazione di Camogli 2025.

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Episode Transcript

[00:00:00] Speaker A: Siamo qui con Riccardo Testa, dottorando industriale in ingegneria elettronica e volevamo chiederti se la tua storia di ricercatore fosse il capitolo di un libro, come si intitolerebbe? Raccontaci come è iniziato questo capitolo, quale futuro vorresti iscriverci dentro e qual è il tema principale delle tue ricerche. [00:00:17] Speaker B: Ciao Niccolò, grazie mille. Allora, questo capitolo io lo chiamerei convergenza, punto di domanda. Perché? Perché, diciamo, il mio passato è stato un passato divergente, se vogliamo metterla così. Io nasco come laureato triennale in ingegneria industriale e gestionale, dove mi sono specializzato in gestionale poi al terzo anno e poi ho deciso di Insomma, non essendo né carne né pesce, avendo tutte le porte aperte, ho deciso di seguire due mie passioni, che sono l'elettronica e la robotica, e sono andato in Danimarca a studiare per la magistrale ingegneria elettrica, automazione robotica. Era tanto software, questa laurea, infatti tutta l'elettronica che ho imparato, e adesso faccio il dottorato appunto in ingegneria elettronica, l'ho imparata facendo. Sono entrato in un gruppo in cui facevamo razzi, quindi progettavamo e costruivamo razzi per competizioni internazionali, razzi ovviamente specifico non missili, i missili sono militari, noi diciamo sparavamo il razzo più su possibile, lo recuperavamo con sistemi di recupero e lì ho imparato un po' tutta l'elettronica che sapevo, poi diciamo Ho progredito all'interno di questa associazione passando da progettista elettronico, mi sono occupato di cavlaggio e poi sono diventato membro del consiglio di amministrazione, quindi è tornata un po' la mia parte gestionale per quanto riguardava appunto gestione dei membri, fondi eccetera. Durante questo periodo ho anche lavorato come mentore di start-up e ho fondato la mia start-up, anche chiusa poi, purtroppo, ma questo è quello che succede al 90% delle start-up. Poi, insomma, ho deciso di fare questo salto e tornare un po' in Italia perché avevo visto questa bella opportunità di dottorato industriale. Infatti, io conoscevo già sia il supervisor aziendale che quello universitario e quindi sapevo andare sul sicuro, il dottorato era in elettronica, appunto una cosa che mi piaceva molto, una delle mie passioni, e ho detto perché no, specializziamoci in qualcosa e qua appunto torno a convergenza. Dopo tutte queste cose fatte, imprenditoria, software, hardware eccetera, ho deciso, vabbè, specializziamoci in qualcosa di tecnico. E in questo dottorato però sono riuscito a divergere di nuovo perché la convergenza non è mai abbastanza. E che cosa faccio adesso? Adesso lavoro su due ambiti paralleli. Il mio ambito principale, quello veramente del progetto di dottorato, è quello aziendale. quindi ethernet, comunicazione ethernet all'interno di veicoli. Quello universitario invece è l'implementazione di reti neurali su sistemi embedded, quindi sistemi a basso consumo energetico ma alta potenza di calcolo. Per esempio si può pensare a reti neurali implementate su wearable come uno smartwatch, orologio che vanno a vedere, a capire quale attività fisica stai facendo e stimare le calorie. Nel mio caso è un po' diverso nel senso che noi implementiamo queste reti neurali per il processing dei dati che vengono fuori da sensori di pelle artificiale che vengono sviluppati in laboratorio al Cosmic Lab, che è un laboratorio del DITEN dove appunto lavoro io nel mio lato accademico, e questi sensori poi possono essere utili per capire quanto è ruvido qualcosa che stanno toccando, quanto sta per scivolarti, oppure anche riconoscere l'oggetto semplicemente prendendolo in mano. questi sensori come applicazione hanno protesi, quindi mani protesiche oppure manipolatori robotici e infatti diciamo nell'ultimo progetto europeo su cui abbiamo lavorato c'è sia la parte di protesi quindi sono state implementate in protesi che sono state veramente provate da pazienti sia la parte dei manipolatori, quindi manipolatori robotici che andavano a utilizzare questi dati per capire se l'attività che stavano facendo era un'attività corretta, diciamo, sentire comunque quelle che erano la sensazione, tra virgolette, di questa pelle artificiale per aiutarsi. Questa è la parte accademica. La parte invece industriale è più design digitale, quindi vera e propria elettronica, sia design digitale che algoritmi e test per questo Ethernet nella trasmissione intraveicolare. Perché? Al momento la maggior parte delle macchine, quasi tutte in realtà tranne pochissimi modelli nuovi, usano il CAN bus che è un bus di comunicazione, un protocollo di comunicazione vecchio, è uno standard Bosch degli anni 80 e questo protocollo di comunicazione andava bene quando c'erano pochi pomelli, pochi tasti nella macchina, insomma accendo la freccia più che accendo la luce e mi bastava. Adesso con l'introduzione di nuovi sistemi anche ad alta velocità di comunicazione, come telecamere, sensori di tutti i tipi eccetera, insomma c'è una necessità maggiore di avere banda, di avere interoperabilità della comunicazione, perché nel momento in cui io vado ad aggregare tutti i flussi di dati insieme, per evitare di avere troppi ponti che passano da un protocollo all'altro di comunicazione, se io ho Ethernet, l'Ethernet è compatibile con fibre ottiche appunto per telecamere, sistemi di guida autonoma eccetera, oppure con il doppino in rame che è quello di cui mi occupo io, 10 megabit su singolo doppino, tutto è compatibile e può parlare diciamo senza problemi di traduzione. Io collaboro anche con i corpi di standardizzazione Open Alliance e IEEE che stanno definendo quelle che sono le nuove funzionalità, i nuovi standard di questo specifico protocollo di comunicazione. Quindi attivamente scriviamo standard, discutiamo su quali sono le funzioni, quali sono le necessità dei produttori sia di chip che di automobili. [00:05:57] Speaker A: E quali sono tre parole che potresti dire a uno studente giovane e curioso che vuole approcciare il mondo della ricerca? [00:06:06] Speaker B: Allora, tre parole che mi sono sempre portato dietro, che mi hanno un po' sempre guidato in questo percorso, sono state curiosità, interdisciplinarietà e innovazione, perché secondo me sono tre parole che contribuiscono a quello che è il processo di generazione, se vuoi, delle idee e delle opportunità. Le opportunità talvolta cadono dall'alto, ma molte volte ce le creiamo noi. Infatti per me la curiosità è un po' il motore che muove, diciamo, quello che è l'interesse verso le cose, verso ambiti nuovi, capire i problemi magari. L'interdisciplinarietà invece è un po' il linguaggio per parlare con persone di altri ambiti, quindi sia in squadra, sia per avere una visione un po' più alta di sistema, di quelli che possono essere problemi. Se si vuole fare imprenditoria, se si vuole fare una startup, di solito si deve trovare un problema o, come viene chiamato in gergo, un'opportunità. E diciamo, avendo una visione interdisciplinare, essendosi interessati, incuriositi di molti ambiti, si può arrivare a capire quello che è un problema, un processo. Infine, l'innovazione secondo me è estremamente importante perché il mondo è estremamente interconnesso e ognuno lavora su qualcosa e se non si cerca di essere innovativi, se non si cerca di essere, come si dice, magari di cercare di trasferire, non il trasferimento tecnologico, trasferire dall'università, dalla ricerca, a un prodotto, quello che è magari stato solo provato in qualche paper scientifico, secondo me si viene bruciati sul tempo da altre persone. Quindi diciamo un po' queste tre parole sono quelle che mi sentirei di dire a un giovane studente ricercatore che vuole fare una carriera che può essere in ricerca, che può essere in azienda o una carriera di imprenditoria. [00:07:47] Speaker A: Perfetto, grazie mille. Ti ringraziamo di essere stato ai nostri microfoni e speriamo di ritrovarti anche una volta successiva. [00:07:54] Speaker B: Grazie a voi.

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